Intervento di ricanalizzazione intestinale senza precisa indicazione

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Viene convenuta in giudizio innanzi al Tribunale di Roma l’Azienda Ospedaliera Complesso Ospedaliero San Giovanni Addolorata per ottenere il risarcimento del danno per la morte del paziente causato per responsabilità del personale medico-sanitario in relazione ai due interventi del 4 agosto 2011 e del 22 agosto 2011 (ricanalizzazione intestinale).

La vicenda giudiziaria

Il Tribunale condannava la Struttura ospedaliera al pagamento di oltre 900.000 euro in favore dei congiunti del paziente. Con sentenza del 2 dicembre 2019 la Corte d’Appello di Roma rigettava la domanda di manleva dell’Assicurazione.

I Giudici di Appello, in particolare, confermavano le corrette argomentazioni di primo grado inerenti la responsabilità sanitaria ed osservavano, ad ogni modo, la omessa impugnazione del capo della sentenza in cui era stato spiegato perché la scelta di procedere all’immediata ricanalizzazione, senza risolvere prima le problematiche presentate dal paziente, avesse determinato una serie di conseguenze che avrebbero condotto al decesso.

Aggiungevano che, infatti, il CTU aveva chiarito che il paziente, dopo il primo intervento d’urgenza, era stato dimesso e, tornato in ospedale dopo qualche giorno astenico, disidratato, con segni di insufficienza renale, era stato sottoposto, senza una precisa indicazione, ad intervento di ricanalizzazione intestinale, intervento che una condotta più accorta e prudente avrebbe dovuto procrastinare ad altra data (le complicanze dell’intervento avevano poi portato al decesso del paziente).

Il ricorso in Cassazione

Propone ricorso per cassazione l’Azienda Ospedaliera San Giovanni Addolorata.

Per quanto qui di interesse, lasciando a parte le doglianze inerenti la copertura assicurativa e la calusola claims made, osserva l’Ospedale che nella sentenza impugnata non vi è alcun accenno all’appello incidentale proposto, per cui ricorre il vizio di omessa pronuncia.
L’appello è stato, afferma sempre l’Ospedale, proposto per i seguenti motivi: in violazione dell’art. 2236 c.c. non era stata valutata la speciale complessità dell’intervento sanitario, in relazione al quadro clinico del paziente, ed il crollo delle condizioni fisiche di quest’ultimo costituiva un evento imprevedibile, mentre il CTU aveva concluso nel senso che l’intervento di ricanalizzazione intestinale era stato eseguito correttamente; doveva essere escluso il risarcimento attribuito alle nipoti per perdita del rapporto parentale, non essendovi prova della coabitazione; non si comprendeva il giudizio di responsabilità sanitaria alla luce delle gravissime condizioni cliniche del paziente e della correttezza sia del primo intervento che della ricanalizzazione, per cui sul punto si chiedeva la rinnovazione di CTU.

Il motivo è parzialmente fondato

La Corte di Appello ha effettivamente omesso di statuire sull’appello incidentale dell’Ospedale, ma il rigetto del primo motivo di appello dell’appellante principale, avente per oggetto la responsabilità sanitaria della struttura, comporta necessariamente la reiezione del motivo di appello incidentale, avente oggetto analogo. La valutazione del giudice del merito, dopo avere rilevato delle carenze nell’impugnazione, è stata comunque, recependo le conclusioni del CTU, nel senso che il paziente, dopo il primo intervento d’urgenza, era stato dimesso e, tornato in ospedale dopo qualche giorno astenico, disidratato, con segni di insufficienza renale, era stato sottoposto, senza una precisa indicazione, ad intervento di ricanalizzazione intestinale, intervento che una condotta più accorta e prudente avrebbe dovuto procrastinare ad altra data (le complicanze dell’intervento portarono poi al decesso del paziente). Tale valutazione è incompatibile con i motivi di appello dell’appellante incidentale relativi alla responsabilità sanitaria.

Venendo al risarcimento del danno parentale riconosciuto alle nipoti del paziente, che l’Ospedale reclama come non dovuto, la S.C., nel rammentare che il rapporto di convivenza non assurge a contenuto minimo di esistenza della relazione parentale, costata che vi è stata effettivamente omissione di pronuncia in relazione in relazione a questa voce di danno e la sentenza viene cassata per questa ragione (Cassazione Civile, sez. III, 02/02/2024, n.3171).

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