Infortunio e valutazione del danno correlato alla capacità lavorativa

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Lesione alla capacità lavorativa valutata nella misura del 6% e postumi invalidanti automaticamente non fanno presumere anche la perdita di possibili futuri guadagni o di futuri maggiori guadagni (Cassazione Civile, sez. III, 14/02/2024, n.4118).

La vicenda

La danneggiata propone ricorso per Cassazione avverso la sentenza n. 158/2020 del 28/02/2020 con cui la Corte d’Appello di Perugia respingeva il gravame da lei proposto, integralmente confermando la sentenza n. 305/2017 del 13 aprile 2017, con cui il Tribunale di Terni accertava la responsabilità di terzi nella causazione del sinistro verificatosi in Terni in data 10 novembre 2016, anche da qualificarsi come infortunio in itinere e come tale già indennizzato dall’INAIL, e quantificava il danno differenziale da riconoscere alla donna in euro 8.619,49 oltre interessi legali, dichiarando inammissibile la domanda di surroga dell’INAIL spiegata a seguito di intervento volontario.

Viene lamentata contraddittorietà in punto di lucro cessante e danno da perdita di chanceNello specifico. La Corte di Appello, dopo avere richiamato le risultanze della espletata CTU, che aveva accertato un danno alla capacità lavorativa valutato nella misura del 6%, ha confermato la sentenza di primo grado in punto liquidazione del complessivo quantum risarcitorio ed ha ritenuto di escludere che l’esistenza dei postumi invalidanti, accertata in sede medico legale, fosse sufficiente a far presumere anche la perdita di possibili futuri guadagni o di futuri maggiori guadagni. Lamenta, inoltre, una liquidazione della personalizzazione del danno inferiore a quella dovuta

Entrambe le censure vengono respinte.

Il vaglio della Cassazione

La prima, è del tutto inammissibile perché è finalizzata a sollecitare un riesame delle prove non sindacabile da parte della Cassazione. Il riferimento, poi, al dedotto profilo della perdita di chance la censura è del tutto generica, apodittica ed assertiva, e sottintende un riesame delle risultanze probatorie in atti.

Ad ogni modo, il grado di invalidità di una persona, determinato dai postumi permanenti di una lesione alla integrità psico-fisica, non si riflette automaticamente nella stessa misura sulla riduzione percentuale della capacità lavorativa specifica e, quindi, di guadagno. Tale “incidenza” deve essere valutata in concreto dal Giudice di merito.

La S.C. richiama quanto già precisato in altri precedenti, ovverosia: “Il danno patrimoniale futuro, derivante da lesioni personali, va valutato su base prognostica ed il danneggiato può avvalersi anche di presunzioni semplici, sicché, provata la riduzione della capacità di lavoro specifica, se essa non rientra tra i postumi permanenti di piccola entità, è possibile presumere, salvo prova contraria, che anche la capacità di guadagno risulti ridotta nella sua proiezione futura – non necessariamente in modo proporzionale – qualora la vittima già svolga un’attività lavorativa.
Tale presunzione, peraltro, copre solo l’an dell’esistenza del danno, mentre, ai fini della sua quantificazione, è onere del danneggiato dimostrare la contrazione dei suoi redditi dopo il sinistro, non potendo il giudice, in mancanza, esercitare il potere di cui all’art. 1226 cod. civ., perché esso riguarda solo la liquidazione del danno che non possa essere provato nel suo preciso ammontare, situazione che, di norma, non ricorre quando la vittima continui a lavorare e produrre reddito e, dunque, può dimostrare di quanto quest’ultimo sia diminuito” (Cass., 15/06/2018, n. 15737).

La capacità lavorativa

Oltretutto, tale orientamento è stato ancora di recente ribadito, anche in caso di lesioni macropermanenti, nel senso che “In tema di danno alla persona, la presenza di postumi macropermanenti, non consente di desumere automaticamente, in via presuntiva, la diminuzione della capacità di produrre reddito della vittima, potendo per altro verso integrare un danno da lesione della capacità lavorativa generica il quale, risolvendosi in una menomazione dell’integrità psico-fisica dell’individuo, è risarcibile in seno alla complessiva liquidazione del danno biologico.

In altri termini, e conclusivamente, considerato che il mero accertamento di postumi, incidenti – in misura anche significativa – sulla capacità lavorativa specifica del danneggiato non è presupposto sufficiente per affermare una consequenziale riduzione di capacità dello stesso di produrre reddito e di mutuare di conseguenza un automatico diritto risarcitorio (pp. 6 e 7 sentenza impugnata), la Corte di Appello ha applicato correttamente i principi giurisprudenziali ribadendo la impossibilità di un automatismo tra l’accertamento della invalidità permanente e la contrazione del reddito.

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