La fase della identificazione dell’agente causale è importante e cruciale perché permette di classificare, in modo certo ed inequivocabile, in quale Voce Tabellare si può inquadrare l’infermità denunciata della Tabella dell’Industria o della Tabella dell’Agricoltura ex D.M.
Come vedremo di seguito, questa identificazione con una Voce Tabellare permette di applicare il criterio giuridico e medico-legale della “presunzione legale di origine“, che il legislatore ha, con intenzione precisa, voluto individuare a tutela del lavoratore infortunato.
Lo Stato Italiano, con norma di legge, la Tabella delle Malattie Professionali dell’Industria, di cui al D.M. del 9 aprile 2008 del Ministero del Lavoro, ha, nuovamente, inserito numerose patologie tra le Malattie Tabellate da agenti chimici, fisici, biologici ( anchylostomiasi e residui biologici prevalentemente allergizzanti ) tra le malattie tabellate, per cui si presumono causate dall’attività lavorativa le patologie comparse e compatibili con la noxa patogena (agente causale), ovviamente se il lavoratore realmente, e non in modo fittizio, ha effettuato la particolare attività lavorativa soggetto alla esposizione alla noxa patogena e purchè si siano verificate in un intervallo temporaneo caratteristico per ogni patologia dalla cessazione dell’attività lavorativa.
L’ Istituto Assicuratore può opporre prova contraria ma questa deve rivestire carattere di certezza e non di carattere probabilistico, circa la esclusione della causa. Le norme seguite alle Sentenze n. 206 del 1974 e n. 179 del 1988 della Corte Costituzionale (che ha introdotto in concreto in Italia il “ sistema misto “ per l’indennizzo delle malattie professionali) e tutta l’interpretazione che ne ha dato sia la giurisprudenza di merito che di diritto, poi sono unanimi nel ritenere che, in caso di malattia professionale non tabellata, il lavoratore ha facoltà di dimostrare l’origine professionale di una infermità utilizzando anche il criterio probabilistico ove risulti una probabilità qualificata.
Nella fase della negazione del diritto da parte dell’Istituto nei confronti dell’assicurato per le malattie professionali tabellate, la prova contraria non può avere carattere di probabilità. Deve avere carattere di certezza. Ci piaccia oppure non ci piaccia, è questa la norma che ha voluto il legislatore ed è questa l’interpretazione che ne dà la Giurisprudenza nelle Sentenze chiare, perché gli Avvocati hanno saputo illustrare al Magistrato il problema in termini chiari e trasparenti. Sul tema saremo costretti a ritornare, sorpresi dalla miriade di pubblicazioni che circolano e che non partono da questo presupposto fondamentale.
La ratio del concetto di “presunzione legale di origine“ viene molto bene enunciata nella Sentenza n. 206 del 1974 della Corte Costituzionale. La Consulta, al punto 6 delle motivazioni, così dichiara: “Ritiene la Corte che le suesposte considerazioni consentano di concludere riconoscendo la legittimità costituzionale del vigente sistema tabellare, come strumento idoneo ad attuare il disposto dell’art. 38, secondo comma, della Costituzione, con le maggiori garanzie per i lavoratori di speditezza di accertamento e quindi anche di certezza giuridica. Se sotto questo profilo non può ravvisarsi un contrasto con l’art. 38, (e nemmeno con gli artt. 4 e 35 della Costituzione, le cui disposizioni non sembrano direttamente riferibili alla tutela contro le malattie professionali), è peraltro innegabile che il sistema tabellare può comportare, nell’applicazione pratica, eventuali disparità di trattamento dipendenti dalla mancata previsione legislativa di talune malattie o di determinate lavorazioni, con l’effetto della mancata tutela assicurativa per i lavoratori colpiti da malattie simili o addirittura sostanzialmente identiche a quelle elencate nelle tabelle, e comunque incidenti in egual misura, a pari grado di invalidità, sull’entità del bisogno, per quanto egualmente riconducibili, sotto il profilo diagnostico o clinico, alla nocività dell’ambiente di lavoro.
Peraltro esorbita certamente dai poteri di questa Corte la possibilità di esprimere un giudizio tecnico sulla natura morbigena di certe lavorazioni, ovvero sulla identificabilità di certe malattie, non comprese in elenco, come malattie professionali. È ovvio che la Corte non potrebbe sostituirsi al legislatore in una valutazione tecnica ma pur sempre discrezionale, per dichiarare una presunzione di causalità, ai sensi ed effetti dell’art. 3 del vigente testo unico, per singole malattie, o in rapporto a particolari lavorazioni, non comprese in elenco. Omissis “.
Per le tecnopatie denunciate oltre l’intervallo temporale di cui sopra, queste vengono considerate non tabellate, ma suscettibili di essere ammesse all’indennizzo, ove il lavoratore ne dimostri la eziologia professionale, questa volta con onere della prova a suo carico, da quanto dedotto da altra Sentenza della Corte Costituzionale, sempre rubricata con il numero 206 ma dell’anno 1988. Nel prossimo Capitolo vi ritorneremo sopra. L’inserimento delle diverse patologie causate dagli agenti di volta in volta elencati, secondo lo stile delle antiche Tabelle delle Malattie Professionali di cui al R.D. 1965 del 5.10.1933 ( che abbiamo citato nel Primo Capitolo, facilita il compito del Medico Legale fornendogli un utile indirizzo circa il nesso causale. La novità apportata dalle Tabelle di cui al D.M. del 9 aprile 2008 è quella di avere inserito per molte Voci tabellari, una sottovoce con la dicitura “Altre malattie causate dalla esposizione professionale a……”.
Infatti, tenuto conto che l’evoluzione delle conoscenze scientifiche viaggia in modo più veloce di quanto avvenga per le riforme normative, il legislatore ha dato la possibilità di trattarle come tabellate.
Ciò è spiegato dalla Circolare applicativa dell’INAIL n. 47 del 24 luglio 2008: “Omissis. Altre malattie . Allo scopo di non produrre un arretramento del livello di tutela per le patologie non nosologicamente definite, è stata inserita, per alcuni agenti patogeni, la voce “altre malattie causate dalla esposizione” ai suddetti agenti.
In questi casi, come nelle tabelle previgenti, le previsioni tabellari indicano la sostanza patogena senza definire la patologia e, dunque, la malattia può ritenersi tabellata solo a seguito della prova che sia stata cagionata dall’agente indicato in tabella. La suddetta prova deve ritenersi raggiunta in presenza di un elevato grado di probabilità dell’idoneità causale della sostanza indicata in tabella rispetto alla patologia denunciata, per come desumibile anche dai dati epidemiologici e dalla letteratura scientifica.
Nella valutazione di queste patologie, pertanto, occorrerà continuare a fare riferimento ai principi giurisprudenziali elaborati dalla Corte di Cassazione secondo cui qualunque patologia può essere inclusa in astratto tra le malattie inserite in tabella, ma in concreto, spetta alla scienza medica definire – in base a criteri da essa ritenuti affidabili – la potenziale etiopatogenesi, rilevante anche sul piano giuridico, tra quelle sostanze e le diverse malattie che potenzialmente ne derivano. In presenza dell’accertata potenzialità etiopatogenetica della sostanza indicata rispetto alla patologia denunciata, quest’ultima dovrà essere trattata come malattia tabellata secondo i criteri già forniti per le patologie nosologicamente definite. La prova di una diversa eziologia della patologia denunciata potrà essere fornita dall’Istituto, oltre che dimostrando la non idoneità della lavorazione a causare la patologia nei termini suindicati anche dimostrando che, sulla base dei risultati raggiunti dalla scienza medica, la patologia stessa non è causalmente riconducibile all’agente patogeno tabellato ovvero che è riconducibile ad un fattore extralavorativo alle stesse condizioni indicate al punto precedente. Omissis “.
Avv.Emanuela Foligno, Dr. Carmelo Galipò, Dr. Carmelo Marmo
Leggi la prima parte:
Rischio lavorativo e nesso di causa con la malattia professionale